Come funzionano la parte emotiva e la parte razionale?

La parte cerebrale più primitiva (che l’essere umano ha in comune con tutte le specie dotate di sistema nervoso) è il tronco cerebrale, che regola le funzioni vegetative primarie quali respiro, metabolismo, movimenti stereotipati.

Dal tronco cerebrale derivano i centri emozionali che sono andati a strutturare la neocorteccia, ovvero quella parte di tessuto nervoso che costituisce i livelli cerebrali superiori. Alcuni di essi si sono originati dal sistema limbico, comprendendo il ruolo primario assolto dal sistema emozionale.

Ne consegue che all’interno della configurazione neuronale, le connessioni tra l’area emozionale e la neocorteccia sono sufficienti a comprendere quanto queste siano potenti, tanto da influenzare il funzionamento di altre aree cerebrali, compresi i centri del pensiero.

La neocorteccia risponde alla capacità di ideare programmi a lungo termine, attuare adeguate strategie mentali attraverso un repertorio ricco e articolato. Ne deriva che il cervello pensante si è evoluto da quello emozionale, pre-esistente.

La parte che delimita il tronco cerebrale ha preso il nome di sistema limbico (dal latino” limbus”: anello). Quando siamo in preda ad un desiderio irresistibile, alla collera incontenibile, è il sistema limbico che la fa da padrone.

Un’area specifica del sistema limbico, l’amigdala, cosi chiamata per la sua forma a mandorla, presiede al controllo degli stati emozionali intensi: passioni, rabbia incontrollabile, oltre agli stati emozionali propri di contesti di emergenza. L’amigdala scatena reazioni ansiose e impulsive e spinge all’azione, mentre altre aree del cervello si adoperano per produrre risposte più modulate.

Ad esempio: è la neocorteccia a regolare le reazioni più raffinate, attivandosi in presenza di emozioni o sentimenti che richiedono riflessione e un agire non immediato.

Anche le aree prefrontali ricoprono un ruolo importante nella regolazione degli stati emotivi.

Il lobo prefrontale sinistro spegne le emozioni grossolane, quello di destra presiede al controllo della paura e dell’aggressività.

Nel corso della filogenesi, l’evoluzione del sistema limbico ha comportato la maturazione di due funzioni fondamentali: l’apprendimento e la memoria. Queste hanno permesso, già all’uomo sapiens, di portate avanti condotte adeguate rispetto alla propria sopravvivenza, anche avvalendosi del contributo proveniente da cervello olfattivo o rinencefalo (parte costitutiva del sistema limbico stesso).

Emozioni e pensieri: pancia o testa?

L’architettura emozionale del cervello umano presuppone la condizione in cui i sentimenti possono anche sopraffare la razionalità.

Le strutture cerebrali responsabili di sentimenti quali: collera, rabbia, paura, gioia, passione, poggiano anche su una base neurofisiologica, come insegnano le neuroscienze. In altre parole le emozioni, di qualunque natura siano, poggiano su un substrato fisiologico corrispondente a strutture cerebrali ben definite.

La capacità di tenere a freno un impulso o di entrare in sintonia con i sentimenti dell’altro costituiscono delle attitudini dell’ intelligenza emotiva. Oltre al pensiero anche le emozioni ricoprono un ruolo altrettanto fondamentale nell’esistenza!

Questo consente di comprendere uno dei motivi per cui paura, felicità, gioia, collera, passione, tristezza e a seguire, in alcune situazioni di disequilibrio, possono avere la meglio sulla ragione, sulla lucidità mentale e sulla razionalità: infatti le stesse si poggiano su dati biologici che trovano corrispondenza nei differenti circuiti neuronali, in seguito all’evoluzione filogenetica del cervello stesso avvenuto attraverso migliaia di generazioni.

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La mente emozionale e la mente razionale

La mente emozionale è molto più rapida di quella razionale poiché tende a passare all’azione contestualmente (nell’immediato). Fluttua in assonanza con le emozioni lasciandosi guidare dall’intuito.

Il rischio potenziale risiede nel fatto che le impressioni e i giudizi intuitivi possono anche essere erronei o inesatti. Le azioni che ne scaturiscono sono quasi immediate, altrettanto la capacità di percepire stati d’animo in un breve tempo.

La mente razionale, all’opposto, ragiona secondo prove oggettive, valutando le convinzioni che non si attengono a questo principio generale; inoltre quanto la prima è immediata nell’azione, quest’ultima prima di agire tende a porsi dei quesiti.

Proviamo a definire un’emozione?

Parlare di emozioni equivale a parlare di un mondo poliedrico e sfaccettato, caratterizzato da sfumature e variazioni tra loro sottili ma mai irrilevanti. Nel tentativo di dare una definizione al sostantivo “emozione”, mi trovo in accordo con quanto riportato sull’Oxford English Dictionary, che definisce “emozione” come:

“ogni situazione o turbamento della mente, sentimento o passione, intenso o eccitato”.

Da esse discendono stati d’animo e umori che uniti ai singoli temperamenti dell’individuo, possono indurre disturbi emozionali, entro cui la persona si sente intrappolata e imprigionata per l’intensità e l’incontrollabilità degli stessi.

Per semplificare si possono enucleare famiglie di emozioni, tratte dalle tipologie più ricorrenti: collera, tristezza, paura, gioia, amore, sorpresa, disgusto, vergogna.

Ognuna di loro è presente anche in culture diverse, compresi i popoli analfabeti non esposti ai condizionamenti dei mass-media! Credo che questo dato meriti una riflessione.

Emozioni e salute

Gli individui che hanno sperimentato stati cronici di ansia, periodi prolungati di tristezza, tensione costante, ripetuti sentimenti di ostilità sono più esposti ad ammalarsi di patologie quali: artrite, asma, ulcera gastrica, cardiopatie, costituendo un fattore di rischio per la salute.

Le prove dell’impatto delle emozioni, nella fattispecie ansia, depressione, collera, sono riconosciute anche dal mondo scientifico e, come hanno messo in evidenza le ricerche e gli studi di psiconeuroimmunologia (Pni), sussistono legami tra psiche (mente), neuro (sistema neuroendocrino) e immunologia (sistema immunitario).

Le emozioni hanno effetto sul sistema nervoso autonomo, determinando la quantità d’insulina secreta dal pancreas, il livello di pressione ematica oltre a un costante contatto con i linfociti e i macrofagi, ovvero le cellule del sistema immunitario.

In condizioni di stress ripetuto e prolungato le cellule immunitarie divengono bersagli da parte del sistema nervoso autonomo, liberando i neurotrasmettitori che stimolano le cellule immunitarie. Il rilascio di catecolamine: adrenalina, noradrenalina, cortisolo, prolattina e oppiacei naturali, inibendo le cellule, ne limitano la funzione difensiva nei confronti di attacchi da parte di agenti esterni.

Come lo stress anche l’isolamento sociale, ovvero la sensazione di essere tagliati fuori, che è altro dalla solitudine, così come le regolari tensioni familiari, hanno un impatto negativo sul sistema immunitario e sulla salute in generale.

 

Queste e altre situazioni espongono il corpo e la mente a uno stato di “allerta” continuo, che può trovare aiuto nel confronto con altri pari che si trovano o si sono trovati a vivere condizioni simili; piuttosto che attraverso l’aiuto di tecniche di rilassamento che mettono la persona nella condizione di divenire consapevole dei propri stati emotivi, coltivando, attraverso un allenamento quotidiano, la meditazione per indurre rilassamento, restando presenti e consapevoli della propria interiorità.

Percepire le emozioni e diventarne consapevoli

La capacità di percepire le emozioni nel momento in cui si presentano varia a secondo delle aree cerebrali attivate, portando ora a risposte adeguate, ora meno. Una maggior sintonia con il cervello emozionale facilita il contatto con la sfera emotiva e più profonda di Sé, prediligendo canali espressivi quali il linguaggio simbolico, le capacità artistiche e creative, purché le stesse siano proporzionate e consone alla situazione.

Quando risultano troppo deboli può affiorare un sentire connotato da indifferenza e distacco; se accentuate, le emozioni intense (angoscia, collera incontenibile, agitazione, etc.) hanno il potere di sopraffare l’individuo e mettere a rischio la sua stabilità psicofisica.

Nelle varie richieste di aiuto è sempre più frequente la presenza di persone che riferiscono stati di ansia, autodiagnosticati come” attacchi di panico”, piuttosto che oscillazioni del tono dell’umore denominate “depressione”.

In queste, come in altre situazioni, ritengo essere di fondamentale importanza aiutare la persona a capire quali emozioni si celino sotto il malessere, dandogli un nome cui corrispondono degli stati d’animo non generalizzabili.

Ad esempio, per il cervello emozionale una situazione vissuta come generatrice di paura – così come di gioia, può portare a una condizione di “sequestro emotivo” dell’individuo, non riuscendo a pervenire ad una soluzione adeguata in quanto iperstimolato.

È noto che in contesti di cronicità l’originaria paura si manifesta sotto forma di preoccupazione o di costante stato tensivo, piuttosto che di grosso disagio a mettersi in relazione con gli altri, risvegliando antiche insicurezze sociali, percezioni di sé non sufficientemente adeguate, tanto da manifestare ora fobie, ora ansia persistente e generalizzato, ora timore per l’incapacità controllare ogni situazione, e innescando pensieri ripetitivi e condotte ossessive.

A livello neurologico, sembra esserci uno stato di rigidità corticale, un’incapacità emozionale di mettere in atto risposte flessibili, capaci di variare a secondo delle circostanze individuali ed ambientali.

Rendere consapevole l’individuo di quali emozioni si succedono al proprio interno e comprendere cosa sta accadendo rende possibile attivare strategie cognitive, emotive e comportamentali più adeguate.

Vita quotidiana e intelligenza emotiva

Nelle situazioni in cui il cervello emotivo lascia campo libero a emozioni incontrollate e incontrollabili, queste hanno la meglio anche sul cervello cognitivo, come già precisato.

Valga un esempio facilmente condivisibile: pensiamo agli studenti che, quando gli stati emotivi predominano, pur avendo studiato non ricordano le informazioni apprese, oppure in fase di studio non riescono a trattenere le nozioni in quanto non capaci di porre l’attenzione e la concentrazione necessarie in quanto stanno facendo. Ciò accade a svantaggio dell’apprendimento!

Lo stesso vale per chi si trova a vivere situazioni di perdita, di rottura di un rapporto importante, significativi cambiamenti di lavoro o di ambiente fisico e sociale, messa in discussione della qualità di vita , ovvero situazioni in cui l’individuo, “preso” da questi pensieri ed emozioni, non è presente a se stesso.

Che cosa accade a livello cerebrale: i corrispettivi neurofisiologici

Le interferenze da parte dei circuiti del sistema limbico sulle razioni emotive, limitano la lucidità necessaria per approntare risposte consone alle richieste del contesto.

Le emozioni, essendo più intense, hanno la meglio sulla concentrazione e la memoria di lavoro, la cui sede è posta nella corteccia prefrontale. Come l’ansia in eccesso risulta inibente, alla stessa stregua un soggetto depresso presenta un tono dell’umore volto verso pensieri pessimistici, autosvalutativi, senza prospettive di speranza verso il futuro.

Sidney afferma:

«la speranza risiede nella convinzione di avere la volontà e i mezzi per raggiungere gli obiettivi prefissati».

Dal punto di vista dell’intelligenza emotiva il presupposto saliente presuppone non essere travolti dall’ansia, così da mantenere una condizione di self-efficacy, ovvero di consapevolezza nel poter accettare le sfide della vita, preoccupandosi solo di “come gestirle al meglio”, senza pensare che qualcosa possa andare storto. L’individuo convinto su ciò che sta facendo attiva risposte sincronizzate con la convinzione, quindi si sincronizza con il raggiungimento del fine cui tende.

Conclusioni

Le conoscenze scientifiche attuali ci consentono di affermare che le emozioni sono assimilabili a stati del cervello, poggiando su un suo substrato cerebrale, così come le emozioni con estrema velocità trovano concretizzazione ed espressione attraverso le risposte mediate dal corpo.

Quando siamo in presenza di un’emozione vuol dire che sta accadendo qualcosa di importante, forse una minaccia alla nostra stessa vita e per farvi fronte vengono attivate molte risorse somato-psichiche e cerebrali.

I pensieri se non sottendono sistemi emotivi sono altro. Possiamo fantasticare, sognare ad occhi aperti, ma in prossimità di reazioni emotive intense le emozioni s’impongono con prepotenza e assorbono la persona nella sua totalità, compresa quella corticale.

Per finire ecco un sintetico elenco-base relativo agli aspetti più salienti delle emozioni e dei processi cognitivi:

Emozioni:

  • identificare e denominare i sentimenti;
  • esprimere e valutare l’intensità dei sentimenti stesi;
  • controllarli e saper procrastinare la gratificazione;
  • controllare gli impulsi e ridurre lo stress.

Processi cognitivi

  • riconoscere e leggere i segnali sociali: provenienti dagli altri e rivolti a sé;
  • approcciarsi ai problemi con gradualità, specie se sono coinvolte le emozioni;
  • mettere a punto opportune strategie di risposta e prevedere possibili alternative;
  • sviluppare aspettative realistiche riguardo sé, essere recettivi verso gli altri;
  • leggere i segnali sociali sul proprio modo di essere.