Scrivere sulla depressione è difficile, in quanto tanto esiste nella letteratura specialistica, e altrettanto viene scritto dai media, stampa internet, social.
Volutamente eviterò classificazioni nosografiche del quadro clinico della depressione e descrizioni dei sintomi, a cui rimando per quanto sopra scritto.
Voglio invece sottolineare che la depressione è una malattia che necessita di cure, sia psicofarmacologiche che psicologiche, esposta a episodi di recidive, e per questo va presa in seria considerazione.
Una malattia “invisibile” che porta con sé sentimenti di angoscia e profonda disperazione, che bypassa i livelli culturali e sociali, di cui è difficile parlarne, se si vogliono evitare banalizzazioni quali: il ricorso alla “buona volontà, al pensiero positivo, l’invito a sorridere di più”, piuttosto che: “quali motivi hai? ti va tutto bene, lavoro, famiglia, belle vacanze…non ti manca proprio nulla”! …Mi fermo qui.

Chi soffre di depressione si trova in una situazione in cui si assiste ad una perdita immediata di interesse anche per attività prima piacevoli; le stesse azioni quotidiane personali quali : alzarsi, lavarsi, vestirsi, diventano faticose, talvolta non ci si riesce neppure.
Il resto a seguire. Nulla costituisce uno scopo per cui valga la pena lottare.
Sensazioni di smarrimento e confusione , dolore, pianto, angoscia, perdita di speranza. Il futuro spesso diviene un peso incombente cui può recare sollievo il pensiero di “non esserci più”.
Nell’ipotesi i cui ci sia una remissione sintomatologica con l’ausilio degli psicofarmaci, non è infrequente che la Persona non riesca tornare nelle condizioni di funzionalità precedenti.
Sono queste le situazioni in cui un aiuto psicologico professionale, può fare la differenza per riappiopparsi di una nuova e diversa condizione di benessere .
Sono varie i contesti di vita che possono indurre uno stato depressivo di rilievo, per intensità dei sintomi e per durata.
Un trauma fisico, una diagnosi infausta, un lutto, la conclusione di una storia sentimentale, la mancanza di interessi e rapporti umani extra lavorativi, una condizione di solitudine, la perdita del lavoro, il cambiamento delle condizioni socio-economiche, una crisi esistenziale nel corso del ciclo di vita: come, l’uscita di casa dei figli, l’avvento della menopausa, l’invecchiamento.
Nelle varie situazioni in cui mi sono trovata come clinica ad affrontare quadri depressivi, non mai replicato lo stesso copione di intervento, poiché ogni individuo è un mondo a sé, pur nelle somiglianze, e richiede un aiuto “tagliato sulla propria misura”.
Un’esperienza clinica: PAOLA
Vorrei riportare una situazione in cui mi sono trovata a lavorare con una una donna sulla cinquantina, di gradevole aspetto, di buona istruzione, con un lavoro di un certo rilievo ma calante, che in seguito a ripetuti episodi depressivi (depressione maggiore) nonostante la regolare assunzione psicofarmacologica prescritta da uno Specialista molto capace, ad un certo punto ha deciso di capire che cosa mantenesse attiva questa sua condizione di depressione, nella ferma determinazione di venirne a capo.
Preciso che il “venirne a capo” per Paola, così chiamerò la signora, non equivaleva a non assumere più farmaci ma avere dei periodi più lunghi di remissione dalla malattia e una maggior chiarezza rispetto a Sé e la propria vita.
Riporto uno spaccato delle verbalizzazioni di Paola, che ci hanno accompagnato per alcuni mesi, specie all’inizio, per rendere più comprensibile capire “cosa significa “vivere la depressione”.

“Dottoressa, oggi non ho fatto neppure il letto, mi sono alzata a malapena, un quarto alle nove, ed essendo in ritardo mi sono messa qualcosa addosso , neanche lavata e così da due giorni.”
Poi un pianto disperato.
Le osservazioni
La percezione del futuro del tutto incerta, l’immagine di sé perdente e ipovalutata con sensazioni di vergogna per la propria attuale condizione, taciuta alla maggior parte delle persone che la circondavano.
Una vita trascorsa nel lavoro, che al momento della richiesta aveva subito un ridimensionamento, costituendo l’elemento scatenante della depressione mettendo in discussione la sua Identità di Persona, in prevalenza incentrata su di esso.
Dal punto di vista sentimentale una donna separata da antica data, con pochi contatti umani e spazi ludici dove rigenerarsi.
Fin da piccola educata ad un forte senso del dovere, nel ruolo della brava bambina, una possibilità per cercare di ottenere visibilità e riconoscimento da parte della coppia genitoriale, che di certo la amava, ma non era in grado, per i propri irrisolti e l’alta conflittualità coniugale, di prendersi cura di lei, sempre più sola e arrabbiata.
Ora una donna che tra le pareti domestiche rimuginava su una condizione economica che avrebbe potuto essere e non era, in seguito a pregresse problematiche familiari; su una vita affettiva, al momento del nostro lavoro, che non trovava pieno soddisfacimento nella frequentazione del partner, comunque pur sempre meglio che l’assoluta solitudine.
Una battaglia aperta tra l’Io Ideale ( quella che avrebbe voluto essere) e la realtà: due mondi contrapposti, vissuti come estremi , quindi inconciliabili, che hanno cominciato ad avvicinarsi solo con il progredire della terapia.
Un passato dorato, almeno così percepito e descritto, un presente esattamente opposto, un futuro per metà tutto da costruire, meglio da inventare! “furono”.
Il buono costruito nel passato, frutto di impegno, tenacia e capacità, dato per scontato, solo ricordi nostalgici di tempi che furono.

Il percorso

Abbiamo fatto insieme un faticoso percorso, ma la sua determinazione a capire quanto le fosse accaduto, la piena consapevolezza dello stato di malattia, la coscienza che questa avrebbe potuto ripresentarsi, pur mantenendo l’assunzione dei farmaci, ha reso possibile con il miglioramento sintomatologico, il percorso interiore attraverso colloqui psicologici, sedute di EMDR, piccole modifiche dello stile di vita quotidiano.

L’utilizzo dell’EMDR, tecnica psicoterapica ben accetta dalla paziente, ha fatto affiorare dolori antichi ancora brucianti, ferite affettive aperte e sospese tra l’adattamento stretto ad un contesto familiare angusto e pesante e il dare voce ai bisogni e alle esigenze della Bambina, troppo presto adultizzata.
Incapace di amore e cura per sè, ossia di quel “sano egoismo” che rende possibile esprimere la propria Identità, anzichè una Ibrida, stretta in una veste non propria.
Paola ha capito che lo scopo vero ed autentico per cui lottare non sono gli Altri ma Se Stessi.
L’apertura di nuovi spazi lavorativi e il proseguo della storia affettiva, allora in essere, ponendosi verso di essa senza pregiudizi né illusioni, hanno costituito delle tappe di passaggio importanti nell’acquisizione dell’autostima, da sempre bassa, unito ad un lento recupero della propria dimensione femminile, di donna matura, con qualche ruga- come forse non era presente nel copione originario- ma autentica nella sua semplicità, fatta di essenzialità e di minimalismo.
La determinazione, la tenacia e la volontà, sue risorse originarie, hanno ancora una volta agito da “propulsori” nell’attivarsi verso il mondo esterno lavorativo e con qualche incertezza a muovere anche i primi passi verso un sociale, se non amicale, almeno aggregante.
Avrei molto altro da scrivere, ma qui, volutamente mi fermo, essendo mio intento dare voce al dolore di una malattia della depressione che corrode l’Anima, ma può anche trovare nei meandri della Stessa, delle risposte e delle consapevolezze capaci di “darle un Senso”.