terza_etàOpportunità di una nuova crescita? 

Il mio pensiero per Voi lettori: perché ho deciso di tornare a scrivere prendendo come  tema “dalla terza età in poi”?

A partire dal fatto che io stessa ho bypassato da poco “gli anta” i corsi e ricorsi della storia per citare GB Vico- mi hanno portata anche professionalmente ad approdare all’interno della mia dimensione professionale, ad occuparmi di anziani, ma nello specifico, di quelli ancora in buone condizioni psicofisiche, e in quanto tali, a cercare come mantenere il più a lungo possibile efficiente la loro mente.

Così per i lettori che erano abituati a leggermi con frequenza, ho fatto quasi un paio d’anni di assenza.

Tornare a studiare, confrontarsi sul campo e poi condividere la propria esperienza,  mi è risultato piuttosto faticoso, magari, colpa, anche dell’età!

Mi sono occupata negli anni passati di anziani affetti da demenza e dei loro familiari, quando le neuroscienze erano ancora neonate, poi ho lasciato per altri lidi, dalle famiglie che si rompono ai figli che non arrivano, ma mancava qualcosa per chiudere il cerchio rispetto ai “fili bianchi tra i capelli”.

Statisticamente diminuite le nascite, ma aumentata la popolazione anziana ancora efficiente, essendovi coinvolta anche personalmente, mi sono detta: “ perché non darsi un nuovo stimolo”?

Il problema è molto attuale e lo diverrà sempre di più.

Vi devo dire che il percorso è stato piuttosto impegnativo e tuttora sono in pista, ma mi mancava troppo il rapporto con Voi, e così ho deciso di rimettermi a scrivere. Di che cosa? Certamente di questa esperienza e di quanto sia utile e umanamente gratificante, occuparsi di Ginnastica Mentale e del nostro cervello, di cui avrò modo di parlarvi in seguito, ma non solo, in quanto la terza età è una fase così poliedrica della vita che non è separabile, come sempre, da altri aspetti della vita. Per ora grazie e buona lettura.

Viviamo in un’epoca in cui la durata media della vita si è notevolmente allungata e il periodo dell’invecchiamento, se rappresenta un traguardo importante, apre problemi rilevanti  per l’individuo, la famiglia, la società in ambito sanitario, assistenziale e previdenziale.

E’ peculiare della vecchiaia e della rappresentazione mentale della stessa, sia a livello collettivo che individuale, confrontarsi con la dimensione del limite come se ogni cosa rappresentasse l’ultima  occasione.

L’aumento del tempo che si è accumulato alle spalle e la diminuzione di quello che resta, in taluni, orienta   verso una progressiva riduzione di ricerca di  nuovi e diversi obiettivi.

Così, guardare al futuro può risultare poco utile e produttivo  per Sé e per gli altri: è questa la dimensione in cui la “vecchiaia” diviene  sinonimo di “passato” a cui restare ancorati arrestando nuovi processi.

Giornate non strutturate, senza scopo predispongono alla depressione, al vuoto, all’isolamento e con essi ad un declino più rapido. In tutto questo non va sottostimato il ruolo del carattere dell’individuo e le vicende che hanno improntato l’esistenza.

La qualità dell’esistenza in età avanzata crea un contrasto tra chi conserva una buona lucidità mentale in un corpo affetto da infermità e chi, fruisce di   corpo ancora  funzionante ma di  una mente lacunosa.

Nella senescenza biologica  un ruolo importante è coperto dall’estrazione sociale, dal livello culturale, dalla disponibilità ad occupare il tempo con stimoli rispondenti ai propri interessi, dai  rapporti sociali. L’interazione con gli altri, diviene fonte di stimolo, confronto, condivisione   allontanando isolamento e solitudine.

Se l’immagine di Sé si è impergnata intorno alla ricchezza materiale, al potere, allo status, all’immagine che si è costruito o che il mondo attribuisce secondo i risultati raggiunti, gli anni della vecchiaia possono divenire forieri di sofferenza psichica e fisica, se qualcuno di questi “tasselli” è carente o del tutto assente.

Fini ed obiettivi che improntano le giornate sono essenziali per una vecchiaia vitale.

Vecchiaia vitale non significa  tornare alla giovinezza o fare finta di avere 65 anni quando ne hai 75 o oltre, ma rendere gli anni davanti a sé ancora soddisfacenti e produttivi, in termini di progettualità e finalità che nutrano la mente, il cuore e l’anima

Si rende necessario, su un piano individuale almeno, shiftare verso altri valori e nuovi progetti, meno  autocentrati  ma volti alla condivisione e valorizzazione  delle esperienze accumulate, consapevoli  che i  cambiamenti dell’età non sono solo fisiologici ma anche di “lettura dell’esistenza”’ disincarnata  dagli aspetti più  effimeri.

Il presente non necessita di memoria per trasmettere i saperi, professionali, culturali, sociali, poiché con le nuove tecnologie, le informazioni hanno un tempo di vita così breve, che divengono subito obsolete, ma la ricchezza trattenuta nella  memoria esperienziale della terza età e oltre, costituisce un patrimonio di trasmissione e  testimonianza di esperienze e saggezze individuali e collettive che è unico e che costituisce, il vero “patrimonio” che lasciamo a chi  resta dopo di noi.

Mi piace concludere menzionando Rita Levi  Montalcini, di cui condivido i presupposti teorici allorchè sosteneva che:

la vecchiaia non deve essere vissuta nella memoria del tempo passato , ma in un progetto per il tempo che rimane, sia un giorno, un mese o anni, nella speranza di poter realizzare ciò che  negli anni giovanili non è stato possibile attuare”.