Tra le realtà problematiche della nostra società attuale scopriamo che proprio i minori sono tra le categorie più a rischio, in quanto strutturalmente più deboli e in condizione di crescita e chi è deputato a crescerli, educarli, spesso non sa proteggerli, anzi a volte danneggia in prima persona.

Un bambino che stia male a casa propria e per responsabilità dei suoi genitori o dei parenti più prossimi è un fenomeno che suscita sconcerto. La realtà del maltrattamento, della trascuratezza grave, dell’abuso sessuale intra familiare, dell’abbandono si è rivelata di portata rilevante.

Da sempre si conoscono famiglie violente, dove avvengono anche scontri fisici, non episodici, che producono danni a bambini e ragazzi che crescono in un clima di violenza e di paura continua. I genitori che arrivano a fare del male ai propri figli anziché proteggerli, per lo più, sono gli stessi che li hanno desiderati e generati.

I genitori violenti, abusanti, o trascuranti nutrono sentimenti contraddittori verso i figli che diventano oggetto a volte di odio, a volte di amore, altre di attenzioni.

Le conseguenze dei maltrattamenti sui bambini

Se il bambino attribuisce a sé la causa del conflitto e della violenza di cui è spettatore, le sue reazioni emotive vengono esposte a compromissione, bassa autostima, senso di vergogna, di colpa e di confusione.

Il bambino piccolo, al di sotto dei sette-otto anni, non è in grado di differenziare dentro di sé i significati delle diverse emozioni o di attribuire ciò che prova a qualcosa di cui gli altri sono responsabili.

Il maltrattamento fisico e/o la trascuratezza nei primi anni di vita rappresentano, un fattore che pregiudica significativamente la salute mentale delle piccole vittime.

Quali adulti, dunque?

Individui spesso sopraffatti da emozioni non controllabili, prigionieri di dinamiche irrisolte con la propria famiglia di origine, dove hanno appreso i modelli che stanno agendo sui propri figli in quanto introiettati e replicati secondo l’ottica trigenerazionale della violenza.

La famiglia che danneggia il minore è un nucleo che ha sovvertito l’ordine naturale: da protettrice della prole in carnefice della stessa.
È una famiglia in crisi, nella quale il maltrattamento è segno di una patologia relazionale, costituita da sofferenza interiore unita a disturbi della personalità.
Eventi critici familiari: lutti, perdite, fatti dolorosi non elaborati, si intrecciano con un contesto economico-sociale-culturale sfavorevole.
Maltrattamento come arma nel conflitto coniugale
Nella famiglia nella quale si svilupperà un maltrattamento sui figli è presente un conflitto coniugale significativo con minacce di separazione e successive riconciliazioni. In questo clima di precarietà, di incertezza costante, i figli

da principio, sono spettatori del conflitto attraverso reazioni di ansia e di allarme;
successivamente, iniziano a schierarsi dalla parte di uno dei genitori, specie quello ritenuto più debole. Questi, cerca appoggio e consolazione nel minore, diventando depositario delle delusioni, ed insoddisfazioni verso il partner.
Schieratosi poi con uno dei genitori, il figlio inizia ad agire la propria ostilità verso l’altro. A questo punto, il conflitto di coppia scivola sui problemi educativi dei figli con i genitori che assumono ruoli stereotipati: uno permissivo, l’altro autoritario. L’obbiettivo è dimostrare qual è il genitore migliore, squalificando le modalità educative dell’altro.
Le aspettative dei genitori: i figli non sono di proprietà di chi li ha concepiti
Su molti minori- e non solo di nuclei disfunzionali- gravano attese parentali pesanti: aiuto in vecchiaia, realizzazione nella professione e nella vita di ciò a cui il genitore ha dovuto rinunciare. Questo è il meccanismo della proiezione delle aspettative irrealizzate degli adulti.

I figli, pur concepiti dai genitori, non sono un loro possesso o un loro prolungamento, ignorando le personali inclinazioni.
I diritti del minore, individuo e figlio comporta per la famiglia l’accettazione della sua differenza, quale peculiarità che lo rende unico ed irripetibile.
L’intervento dei servizi sociali per sboccare una situazione di stallo
Collocarlo in un contesto non disfunzionale ha come obbiettivo il ritorno nella famiglia di origine, qualora la situazione sia migliorata e serva a dare una mano ad una famiglia in difficoltà, è una forma di tutela verso il minore e la opportunità per la famiglia al fine di sbloccare la situazione familiare, approdare a scelte di altro tipo, ad esempio, l’affido etero familiare e/o l’adozione.

L’entrata in scena con la presa in carico, da parte dei Servizi Sociali del territorio, e l’allontanamento dalla propria famiglia, segnala situazioni di grave pregiudizio per la crescita e lo sviluppo dell’individuo in formazione.

Sono così cattivi questi genitori e perché?

Per lo più questi adulti, sono essi stessi stati figli maltrattati, trattenuti nelle maglie di una disfunzionalità non sempre evidente, ma di certo presente e pesante da gestire.

Come aspettarsi da un adulto violentato e/o maltrattato da bambino di prendere le distanze dai suoi trascorsi, se non è stato elaborato il significato della violenza subita, e questa ancora attiva dentro di lui agisce riproponendo l’unico modello familiare esperito ed introiettato?

Se un bambino ha vissuto a lungo una situazione di maltrattamento o di abuso, in adolescenza può sentire esplodere dentro di sé sofferenza , rabbia, ma non è in grado di rintracciare le connessioni con le pregresse esperienze infantili, negative. Su questo terreno, forte nella sua fragilità, possono manifestarsi anche quadri psicopatologici importanti:

Comportamenti antisociali
disturbi dell’alimentazine, tentativi di suicidio, sintomi depressivi gravi
disturbi della personalita’
sindromi dissociative
uso di droghe e alcool